E gli alberi rapiti dal vento d'argento
Io e te, di notte, di giorno
Alla ricerca dell'infinito...
E le foglie scosse come in un sogno
Sostando nell'aurora rosa
Dei fiori di pesco (in festa)
Mi stringevi a te in un abbraccio stretto:
Io e te camminavamo spalla a spalla.
Fra le fronde color giada s'intravedeva
Tremante in attesa
un'amaca danzante e sospesa
su onde leggere di gemma
- era l'altalena dei tuoi giochi di bambina? -
Un pettirosso da noi sorpreso
in cielo volteggiava su e giù
nella sua silhouette bombata
Lesta da combattimento
- A ricordarcene un altro che fuggì
da una barba di Milano
e da una canzone del grande poeta.-
Ben presto adagiatosi su di un ramoscello compiacente, intonava fresco e incauto
Il suo assolo di saluto al sole nascente.
Una panchina appartata faceva da sfondo alla radura d'alberi di pesco
Vi era seduto unico ospite,
sebbene non triste, un vecchio appiattito
con in mano un bastone ricurvo e nell'altra dei fiori di Margherita:
teneva in alto il primo, brandendolo a mo' di bacchetta da orchestra
Accompagnando caparbio il ritmo del vento
Assieme al canto del pettirosso saccente
Ma gentile,
E le margherite frattanto coordinava ruotandole a lente piroette nell'aria
Come in preda a un delirio selvaggio di reminiscenza
Di un ballo antico
Ballato con qualcuno che fu vivo
E che gli mancò
Ma non gli mancava ora il suo respiro
Né la strada famosa di Trento.
- Quello stesso alito di sospiro
travolgeva ora gli alberi. -
Vicino era il sentimento
di quei due amanti fantasmi
Al nostro che pompava feroce
Nel chiarore, nel fragore
Del sole
e del giorno appena iniziato.
Ove un'altra lotta s'intravedeva all'alba.
La primavera figlia bastarda
della rabbia dei popoli in rivolta
Offriva di nuovo una tempesta
Che strepitante covava all'orizzonte
O rassegnata si nascondeva nelle penombre?
Eppure vedevamo gli alberi rapiti dal vento d'argento
Io e te, di notte e di giorno
Svegli a scovare l'infinito...