GIANO BIFRONTE
Quanto a lungo ancora
quest'ostinata Fiamma
Nera
Resisterà Retrocessa
nelle proprie fredde tombe,
Quanto ancora tale piccolo anfratto
Di calore
Magro al vento
Digiuno al rumore
Benché spietato talvolta, nelle terree scosse,
Potrà restare rinchiuso
Dileguato
Nel suo intimo interiore,
Gelo nell'alcova
Isolata nella stretta morsa
Nascosta
all'Altra coscienza;
Innaturali vampate cupe
Nel Bagliore
Chiaroscuro della sera
Si stagliano Levandosi nell'aria,
Mentre da diversi dove, giunge
una pioggia leggera
Che spegne piano questo fuoco
Di vulcano, che dentro divora:
La vita;
Non concede spazi nel trattenerla
Il corso lungo della storia,
Disteso e proiettato dall'alto, in un astratto verticale
Di fiammante stupore
Il suo oblio pare guidare
Indifferente;
In realtà, resti di conchiglie
Fossili d'anime, del tutto vivente
Animale o vegetale
Posti a immortalare
Scolpire in un eterno incontro
Solido di pietra,
Frammenti, attimi, substrati del tempo
Svolto attorno ad esse
Dimostrano l'azzardo contrario
Che tutto si viene - infine - a ritrovare
Come in uno specchio
Tramandando puro e mai davvero disgiunto il riflesso:
Circola in sé stesso
Il senso di ogni verso
Attraversato
Intatto il passaggio
In cui fuoriesce,
Erutta ed insieme penetra l'aria
Eterno alveolo
Linea ininterrotta dello spazio-tempo
Unico accesso
D'entrata e d'uscita invariata,
Ove il passato, vestito il futuro,
Torna impresso a sé
- inconosciuta
È la fuga -
Nella memoria,
Nell'azione;
Giano Bifronte
La Realtà
Si rivela (si disvela)
Ritagliatosi una nuova via di sbocco
Nel suo peregrinare costante
Inalterato nel ritmo
Esalato nudo Spirito
Indefinito compie il nuovo tragitto
Volteggiando nel vapore
Diretto in altra distrazione,
Diagonale,
Inondato di quella luce
Di traverso rifulge:
S'aggiusta il Convenuto,
Trasfigurandosi in altro profilo