E non ci lasciammo mai ammaestrare
Dalla Legge del Padre
Come Antigone ribelle
All'ordine del Re di Tebe
Preferimmo sole
dar respiro alle onde inquiete
Della nostra rotta controcorrente
E dalle acque reflue dell'esilio dalle vostre case, chiuse dietro le sbarre,
scorremmo
Al sacro torrente del divenire universale,
Libere nella solenne ora
In cui si compì lo scontro
Del conflitto epico fatale
Fra la legge morale e l'oscuro comando della legge posta dai Re della Stirpe,
E fu nella foga che avemmo di giustizia dal fondo del genio
Inciso nel ventre
- Io indelebile -
Che tutto si venne ad adempiere,
Dando degna sepoltura all'affetto fraterno
Fraterno sangue
rinnegato dal glaciale precetto del Capo,
Salvato
In nome di un credo e diritto
Che ritenemmo Unico,
vero, legittimo benché non legittimato:
Mai nessun laccio sovrano catturera'
L'urto dissonante della nostra voce
Fummo
Terreno fertile
Gettato a unire le sponde
riprendendo il suo spazio
Invaso dal mortifero regno del cemento
Amaro;
Fiume che tracima
Avendo rotto
l'argine innalzato a sanzione ignobile
E a falsa cura con cui tu uomo assoggetti la Natura,
Recinzione, che delimita comuni beni depredando proprietà collettive, comuni tesori,
Abbattuta,
Indole incorruttibile
Che solo può esplodere
Linea cui ricongiungere sempre le nostre briglie sciolte,
Sollevando i nostri poveri stracci
Dai gemiti dei legacci della carne
E dai morsi delle catene
Tagliole mai contente
Che avete voluto cingerci addosso
eterna cornice alla nostra sorte:
Eppur centrifuga;
Scegliemmo allora di lasciar naufragare
Piuttosto il nostro ormai angusto alito di vita
Perché non potevamo più tollerare
Di saperlo circondato
Costretto aggrovigliato
Ridotto a disarticolato schiavo
Entro un recinto
muro di claustrofobico spazio, confinato in soffocante letargia
- intollerata Nenia di sogno spezzato -
Assieme alla rivolta imperitura,
Nuda Senza sosta,
Prigioniero
Per aver osato opporsi
Al comando
della paterna Ragion di Stato
Cui non avemmo e non abbiamo accesso
Se non impersonando la strisciante litania infelice
Delle serve e mogli docili dei nobili figli privilegiati
Sullo sfondo dell'altare dell'alto potere
Convenzionale
Imprigionato nel Logos arbitrario pregno del vostro argomentato rito
condensato in rigido comando sacro
- come d'un Dio -
Eteronomico
Patriarcale
Immorale
Che non contempla vizi, variazioni, sfumature, emozioni o forme impure
Ne' la varietà creativa-performativa dei corpi.
In un immutato spazio senza alibi
Di rinnovo.
Vi siete voluti maldestramente svincolare
Dalle nostre viscere reali, e dalle calde amabili
palpabili carni
Radicate vive nel presente
Anche se con radici eteree, immortali di Madri, ma assai mistificate,
Per ritagliarvi il vostro gelido regno
entro il Castello mai svezzato della sordità dello Stato
Scolpito nel geometrico impervio del Logos artefatto,
non più germogliato a contatto col ventre originario
Della Terra matria ancestrale;
E le stesse madri e donne disobbedienti che voi avete cacciato,
Divenute eretiche empie
streghe
pazze ermetiche erranti, o prostituenti maghe
espulse ed esiliate
Costrette a vivere in un covo, perseguitate
Nella prigionia falsa (scaltra) del regresso razional-logico
eretta a monito
Della vostra superba legge.
Ma le andature delle streghe hanno sempre
trecce
E briglie sciolte
Una destinazione contraria ai ritmi costanti
Quieti
pallidi meccanicismi sovrani
E ai vostri riti incombenti
Sempre spenti ed eguali
automatici raccordi sconsolati
di Fermi fantasmi solitari
Contenuti,
stretti entro norme di normative
Diseguali;
E proprio perché
prive di vie d'accesso ai vostri solenni templi
Antico retaggio d'un linguaggio immanifesto, da dissacrare, come buoni disertori,
Fonderemo nuove parole e nuove scuole
Plurime lingue e battute differenti
Nuovi accessi di pensiero
Non più rassegne di parate militari né di guerre
per affermare squallide gerarchie contronaturali
Scoveremo invece rinnovate vie di fuga da cui salpare
Lontane dalla gabbia di ferro
Levata ad addomesticare in un mito sacrale
Il nostro eterno femminino stravolgente
Che avete mistificato al fine di vincolarlo
Per sempre alle vostre catene,
E i caldi impulsi di passi
irti di solchi imprevedibili
Impetuosi sentieri accesi
Che si stagliano innanzi minacciando
Il vostro sacro fuoco
Erto a tutela del trono raffermo
Ove solete imbrigliare gli sconfitti
Rassegnati al falso ordine sovrano che avete creato
Senza offrire spazio ai validi spunti
degli alternativi echi eretici selvaggi
- Dinamismo movimento fondante fecondo dell'autocoscienza che si fa sorte
Ribaltata
divenendo autentica matrice
Pronta a farsi storia - ;
E anziché martiri grate o sacerdotesse schiave vergini degli Dei
Ci troverete invece ben deste e salde
A rinnegare ancora
Sempre con rinnovato furore la Legge del Padre:
Preferimmo la morte
Piuttosto che sopperire
Rigide vestali chine
alla sentenza del despota
Atta ad incidere un marchio di fabbrica
sulla nostra pelle;
E come Carmen nell'Arena
Col suo uccello e il suo ardore, incatturabile
A rispecchiare fedelmente l'amor ribelle
Profano incontrollabile
"Libera lei è nata
E libera morra'.
No, Carmen non cederà. "
Sceglieremo da noi stesse
d'assecondare la nostra
via di Luce
Trascendendo la fecondità del ventre
Per dilagare come Scie di sangue e lume,
Di inveterata Libertà.
- Calando le abituali tende. -