L'oscurità ti inebria
Perfino la rabbia si adagia quieta
Nel suo territorio sobrio, d'ombre di latta
Solo l'abisso dinanzi a mostrarmi la strada
Insofferente alla voracità inestinguibile del giorno:
La luce sbatte spudorata
sugli infissi
Essa non è mai paga
Di prosciugare una goccia ancora
In più dal fondo del nostro intimo
Asciugando con la sua foga
di fuoco
I misteri salvati dell'abusato scrigno,
Fedele calamaio interiore
Trascinando violentemente
Tutti fuori sul sipario
Mesto della vita
Illuminando con crudeli
Arroganti luci di scena
Per riflettere ogni angolo più buio
Ogni sentiero celato
In un nido d'ombre
Senza lasciare spazio a mistica alcuna,
Misera possibilità minuscola di soffermare
i chiari sensi sulla soglia dell'ipotetico
Io Selvaggio,
avidi di bulimia intramezzati di digiuno;
Dall'alto su aghi di fiamme, eruttando,
volando su raggi di latta
La quotidianità vulcanica
Non si trattiene, non è mai stanca
Quale furibonda intrusa abbaglia:
Troppa realtà ti annienta la vita
Specie se non è la tua
E te ne è stato tolto il potere
Di guida.
Al fosco regno dei fatti
Preferiamo l'ombra scura
Ove plasmare il nuovo solido dubbio
Di una forma di libertà
Che abbraccia il cerchio
Animata creatura che non s'appaga
Di standard
e routines imposte
Dall'artificio universo pervasivo che divora.
"Dualistico, troppo dualistico."