scieluminose

SIAMO

Siamo la voce dei sepolti
I vostri maltrattati cani sciolti
Gli esuli e i condannati
I respinti gli inadeguati
Gli echi dai monti distanti, disattesi
Gli essenziali disadattati
Gli “ei fu”
E quelli mai vivi
nelle viscere avvizzite dell'arcano
di Madre Terra.

E quella rabbia bastarda
Che da sola sorregge e abbaglia
Adesso ci avvolge
In un abbraccio più potente
della nostra Fredda morte
Elisir di giovinezza che ama dirsi antica
È lei sola a farci respirare
Quando premi sulle nostre costole
con gli anfibi da militare;
Quando strozzi premendo sulla povera
Carne
I nostri miti di deliri balordi
mentre cantavamo nudi a squarciagola
canzoni condite di bestemmie alla luna
quella stessa amara luna
che scostandoci, dopo aver cosparso i Nostri stracci di luce
ci disimpara,
Ebbri nelle nostre eremiti notti d'estate;
Quando con la bava alla bocca
Uno scarpone ci percuote
Fino a fracassarci poi
Col calcio della pistola
I legamenti del cranio
Squarciando l'ipotalamo
Lasciando che siano a pulire
Il fiume di sangue sgorgato sul volto
Le nostre stesse lacrime
Una maschera esanime
Di spaventapasseri
Colpevoli solo di aver chiesto un passaggio
Nella nostra notte differente...
Sì, e differente lo sarà sempre!
Un volo lungo soprano un salto eterno
di qualità nell'aria
Dietro ai nostri aquiloni di sogni
Sfilati di mano
Lontani dal buio
Del vostro rivoltante male dentro
Mentre voi rimarrete pavidi e nascosti
Nelle vostre finzioni meschine
Di un vissuto simulato
Un giorno come tanti in America
Dell'ottobre '98
E in tante altre storie di questa
Come di altre epoche
A consacrarci perenni giovani senza tempo
Fermi al di là del traguardo
Simboli, effigi di un grido di obiezione
Al vostro orrore
Fiori strappati
E poi calpestati
Ora diventati candidi lumi solenni
Di luce bianca
Scolpita nell'etere del cielo
Astri incastonati nell'ampia volta
Della memoria umana
Stella a rammentarvi per sempre
Il nostro diritto di vivere.
Di esistere, differente.

È la rabbia che ci rincuora:
Non vuole trapassare inascoltata
E solo così essa ci salva.
Lei non giudica:
L'adrenalina che continua
A farci pompare il cuore
Quando travestendoti da demiurgo
Avido delle nostre sorti
Ti senti Dio e padrone
E firma la lettera di fuoriuscita dal lager
E non lo puoi neanche lontanamente immaginare
che in realtà è una liberazione
Che ti ripiomberà dritta addosso sbattendo contro i denti.
E alle scarpe nuove vuote
Fabbricate nel bel reame di ordinata ordinaria immondizia
Dell'insalubre mercanzia di plastica
Atte a riempire la bocca mai sazia
Di propaganda
Del discount, della multinazionale
Che suole dirsi filantropa
Mentre ci sfrutta, e divora
Le nostre misere ore di libertà
Fidelizzata
E intanto la nuova regina
Ama fabbricare affari nell'edilizia
Cementificando e imbiancando
Nuove filiali commerciali
ITALIAMO ITALIA-TI-AMO
E svende armi nei gran buoni doppi fondi
Dei camion, della sua immensa filantropia;
La propaganda atta
A far troneggiare di nuovo l'incensato marchio
Macchiato di sterco
Idolatrato quale emanazione
Dell'ansia, della smania di tirannide nell'umano;
Alle viscide plastiche scarpe
Di popolare gran moda e a buon prezzo
Che suscitano assalti ai negozi in piena epoca pandemica
Noi preferiamo quelle vivide e usurate
Da migliaia di km
Con le pezze a rammendare i buchi
Quegli incàvi sempiterni che ci avvolgono i piedi,
Profumando di vissuto,
Con la nitida fatica e il sogno a riacutizzare i Colori
Un po' sbiaditi.
Preferiamo il fresco sulle piante dei sassi
Fino a generare calli.
Preferiamo Bikila.

Siamo la voce degli inaccolti
I vostri incubi recintati e stravolti
I reietti, quei fantasmi
In cimiteri sconsacrati
I vagabondi e i solitari
A cui usate invidiar la libertà
In cambio d'un tozzo di pane
e uno straccio di cuore che non volete rammendare
I rari, gli inaddomesticati ribelli inappagati
Gli ultimi sbarcati
E quelli che attendono ancora nei fondali
Dei mari:
attendono
un abbraccio di costa che li accolga
l'antica nuda ospitalità greca,
gli untori, i vostri facili capri espiatori
e poi i cupi inquieti,
balordi compulsivi e ossessivi - come quegli incubi che non ammettete -
gli utili indomiti disertori di guerre esauste;
Quelli che furono
E quelli che furono mai vivi

Negli abissi regni dove vige l'arcano
Dell'oscuro ventre della Terra
Noi riaffioriamo

È la rabbia bastarda
Che da sola sorregge, affranca e abbaglia!
Ci avvolge ora
In un abbraccio più profondo del buio
A cui volete riassegnare
I nostri malumori
E i nostri cattivi toni
Sanzionando in eterno i disertori
Dei vostri comandi aleatori
ed è proprio nella gabbia sotterranea
Dove pensate di isolare ciò che vi dileggia
Fra le sbarre di un fango senza memoria
Dove volete sedare
La nostra violenta fuga immaginaria
costellata di valide alternative
Illudendovi di annichilire la facoltà critica
La parte più bella della ragione umana
la forza di creatività del dubbio
Non asservita,
È proprio laggiù
Dove volete segregare la nostra alternativa forza di reagire
che si sviluppa
Il germe oppositore della storia
è la RABBIA fiume torrente del divenire
che esplode, indifferente alle vostre lusinghe:
la nostra vera Anti
Tesi ivi attende
il terreno più candido in cui germogliare.
La dialettica del conflitto: unico protagonista del divenire storico
appagherà la nostra sete di giustizia.
Assennata.
Ma non sarà mai crudele come la vostra smania di calpestare
il Respiro.

La luce divamperà
come eterno furore del fuoco di rivolta
nelle tenebre.
E' ruggito che avanza
dall'invisibile, dal grido muto
di dolore che non conosce rassegnazione.
E otterrà giustizia nella reazione
a testa alta.

Solo nella risposta alla gogna subita
Dal profondo della fogna
E all'insulto
Avremo pace.
Per questa e per altre anime.
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